WARNING: Articolo ad alto contenuto di spoiler sul libro e sui film
Era il 1993 quando uscì
al cinema "I tre Moschettieri" film fracassone con protagonisti
famosissimi all'epoca e che - tra le altre cose - ci restituisce un
giovanissimo Chris O'Donnell dai riccioli lunghi e ribelli (ah!Gli anni '90!).
Io all'epoca ero poco più di una bambina e mi innamorai della storia, decisi,
negli anni, di guardare ogni trasposizione della storia dei moschettieri
accorgendomi che di film in film la storia cambiava: il romanzo doveva essere
diverso! Quale la realtà dei fatti? Come potevano essere così diversi gli uni
dagli altri? Come è stato possibile che per i giapponesi Aramis fosse,
addirittura, una donna?!
Devo fare una premessa:
sono una lettrice accanita e appassionata e gioisco quando i libri vengono
trasposti in film o sceneggiati ma, allo stesso tempo, sono molto critica e
spesso mi ritrovo ad odiare film, magari ben fatti, solo perché hanno scelto
protagonisti sbagliati o hanno alterato il corso degli eventi. "I tre
Moschettieri" sono, per l'appunto, una delle - tante - grandi vittime
della trasposizione cinematografica ma su questo tornerò dopo.
Crescendo, e guardando
le varie trasposizioni mi sono
fatta una certa idea dei personaggi: un gruppo di giovani eroi dall'irruenza e la
simpatia contagiosa che lottano per difendere la regina Anna dagli intrighi del
Cardinale Richelieu.
Quest'anno ho deciso di
leggere il libro (il primo), non so perché non l'avessi fatto prima, forse
avevo un presentimento al riguardo, chissà.
Cosa ho scoperto? Che
sono irruenti e simpatici ma sono quattro bricconi della peggior specie:
l'unica differenza fra loro e le guardie del cardinale è, fondamentalmente, la
casacca.
Athos è un quarantenne
ubriacone che tratta male il proprio valletto, perennemente di cattivo umore e
che si fida più del giudizio un diciottenne imberbe che del proprio.
Aramis è...no, bhé
Aramis è l'unico decente dei quattro.
Porthos è un gigante
fanfarone in perenne ricerca di soldi che mira ad una ricca vedova e si fa
trascinare facilmente in risse per i motivi più futili finendo per essere,
delle volte, più di intralcio che d'aiuto.
D'Artagnan è un
ragazzino di 18 anni che pare possedere incredibile buon senso ma che finisce
con una facilità disarmante nelle maglie (anche letteralmente) di Milady De
Winter, che usa i sentimenti sinceri della giovane cameriera Kitty e che, pur
dichiarando il proprio amore per Constance Bonacieux (una donna comunque sposata) non si fa scrupolo di fare
tutt'altro che andare a salvarla.
Probabilmente Dumas si
sta rivoltando nella tomba e probabilmente le mie aspettative sono state
disattese dalla cruda realtà perché si nutrivano del mito dei moschettieri e
dell'ammirazione per l'autore de "Il Conte di Montecristo", fatto sta
che sono rimasta delusissima.
Delle allegre avventure
dei moschettieri del Re e di D’Artagnan, sono state fatte negli anni molte
trasposizioni:
La prima che io ricordi
è quella del '48 che nel cast annoverava attori di grido. A vestire i panni di
D’Artagnan troviamo Gene Kelly, le cui mosse da ballerino e il sorriso
accattivante lo rendono un guascone perfetto (è il migliore D’Artagnan
probabilmente); Angela Lansbury interpretava l’innamoratissima Regina Anna:
dice ben poche battute ma, forse a causa del mio debole per Jessica Fletcher di
“La signora in giallo”, riesce comunque a rendere il personaggio, dolce e
spaventato. Nel resto del cast spicca una delle due migliori Milady de Winter
che siano state rese sul grande schermo: Lana Turner, la bellissima attrice
hollywoodiana oggetto delle fantasie degli uomini degli anni ’40. Madame
Bonacieux, invece, fu interpretata da un’attrice a me molto cara: June Allyson,
la meravigliosa interprete di Jo March nella coeva trasposizione di “Piccole
Donne”. Infine, ma non perché meno importante, nell’abito talare
dell’antagonista più odiato della letteratura, il cardinale Richelieu, troviamo
Vincent Price, attore di film come “La
Maschera di Cera” o “Il pozzo e il pendolo”.
Di per sé il film è
forse la versione più accurata e fedele al romanzo ma purtroppo anche quella
con meno appeal, il che l’ha resa forse la più noiosa. Bisogna considerare,
però, che questo film è stato il primo film con sonoro di Hollywood: alcune
sequenze le ritroveremo in autocitazione all’interno di “Cantando sotto la
pioggia” (uno dei più bei musical che siano mai stati realizzati).
Seconda importantissima
versione è quella del ’73. Per certi aspetti fedelissima al libro, per altri
tipica vittima degli anni ’70: vi dico solo nel cast che annovera attori di
altissimo livello, troviamo Raquel Welch (che vinse persino un Golden Globe, bah!),le cui doti non recitative in più di un’occasione sono usate per attirare i
lascivi sguardi degli spettatori. Il cast, come anticipato, vede la
partecipazione di attori importantissimi: Charlton Heston (il cardinale
Richelieu), Geraldine Chaplin (la regina Anna), Richard Chamberlain /Uccelli di Roooovo (Aramis…il
film andrebbe visto solo per la parrucca di ricci posticci che indossa!), JeanPierre Cassel (Re Luigi), Christopher Lee (Rochefort), Faye Dunaway (Milady) e
un Michael York fresco del successo di “Cabaret”, oltre alla già citata Raquel
Welch. Benché sia evidente un tentativo di mantenere alcuni elementi della
trama intatti, lo stile scanzonato ne fa la versione più leggera.
Personalmente, l’ho trovato noiosissimo: dopo nemmeno due minuti già scorrevo
tumblr, tuttavia medito di dargli una seconda possibilità, prima o poi.
Dopo circa 40 anni, il
Giappone realizza una versione cartone animato del romanzo. D’Artagnan è un
giovanissimo guascone affiancato dal fedele scudiero Jean (personaggio assente
nel libro) e dal cavallo Ronzinante (probabile omaggio a Don Chisciotte?),
Constance Bonacieux è la giovane figlia (non la moglie come nel romanzo) del
signor Bonacieux, Athos e Porthos sono due omoni baffuti e Aramis è una giovane
vedova che decide di vestire dei panni maschili per vendicare il marito ucciso
dal mercante Mason. Nel cartoon ritroviamo anche la Maschera di Ferro che
diventa un misterioso criminale in combutta con la bellissima Milady de Winter,
incantatrice di animali e di uomini, accompagnata dalla fedelissima scimmietta
Pepe, e naturalmente il temibile Cardinale Richelieu.
Chiaramente è un
cartone per bambini quindi molti elementi del romanzo sono accantonati e molte
vicende inventate, ma resta comunque un godibilissimo prodotto che ha
accompagnato molti di noi (sì ero una fan, conoscevo a memoria la sigla e metà
delle puntate) nella nostra infanzia e che fa ancora ascolti tutt’oggi.
Nel ’93 la Disney
produce una nuova versione della storia. Del libro c’è ben poco, alcuni
personaggi ed eventi vengono drasticamente modificati ma forse in virtù del
«decisamente liberamente tratto», è la mia preferita: non ha alcuna pretesa e
ci regala battute divertentissime, dei protagonisti perfetti nei loro ruoli e
compie perfettamente il proprio ruolo di svago disimpegnato.
Vediamo i dettagli. Le
differenze rispetto al libro sono innumerevoli: Constance non ha marito né
padre e alla fine si da ad intendere che inizierà una storia con D’Artagnan; il
reali si amano mentre nel libro sono sull’orlo del divorzio; Richelieu mira
alla morte del Re per il bene personale, mentre nel libro compie gli atti
crudeli sempre per il bene della Francia (e non vuole uccidere il re); Milady e
D’Artagnan non intrecciano alcune relazione e Milady non viene giustiziata ma
si suicida; Rochefort è l’assassino del padre di D’Artagnan, in quale nel libro
è vivo e vegeto. Insomma, del libro ci sono sì e no i personaggi. Ah ah ah.
Ma veniamo al cast:
D’Artagnan è un giovanissimo (e riccissimo) Chris O’Donnell (NCIS Los Angeles); Athos è interpretato da Kiefer Sutherland,
Aramis ha il volto e lo charme (di allora più che altro) di Charlie Sheen mentre Porthos è interpretato
dal meraviglioso (come attore, non fisicamente chiaramente) Oliver Platt. Il
Cardinale Richelieu ha il volto di uno dei migliori cattivi del grande schermo:
Tim Curry;infine, nei fatali abiti di broccato di Milady troviamo la bellissima Rebecca de Mornay, talmente in parte che non riesco a immaginare nessun altro
per quel ruolo.
La versione cartoon con
Pippo, Paperino e Topolino non la considero una trasposizione perché,
diciamocelo, quei nanerottoli potrebbero rendere meravigliosa qualunque storia
e benché di fedele ci sia, ovviamente, ben poco, resta un classico cartoon
Disney da guardare e riguardare senza mai stancarsi.
Ma veniamo alla pochade
realizzata due anni fa: una supposta trasposizione con un cast stellare, una
campagna pubblicitaria incredibile e effetti speciali a go go. Il cast annovera
il fresco di Oscar, Christoph Waltz nell’abito talare di un Richelieu quasi
nevrotico e poco credibile (mi dispiace ma ho trovato la sua recitazione fiacca
e annoiata); Milla Jovovich dovrebbe interpretare la malefica Milady ma del
grandioso personaggio di Dumas c’è ben poco a cominciare dalla bravura nelle
arti marziali e con la spada (siamo seri?!). Francamente mi secca vedere un
personaggio come quello di Milady svilito in una maniera imbarazzante: la
grandezza di Milady è proprio quella di non dover ricorrere alla violenza
fisica per ottenere qualcosa da un uomo, usa l’astuzia, i trucchi di
recitazione, la seduzione, non pugni e calci! Il re e la regina sono due pedine
di un gioco chiamato film messe lì a caso, hanno poco fascino e ti coinvolgono
ben poco emotivamente: stesso discorso per Constance, trascinata a caso fra un
intrigo e l’altro solo per farci vedere gli occhioni di D’Artagnan spalancarsi
e emozionarsi. Ah! Quasi dimenticavo il nemico della Francia, nonché Enzo
Miccio del barocco: il duca di Buckingham, interpretato da Orlando Bloom che,
incredibile, è l’unico che mi sia piaciuto: a metà fra il damerino da velluto
blu o verde e il cospiratore; peccato per lo stravolgimento del personaggio che
da innamorato diventa arrogante ex pretendente che decide di lavare l’offesa
del cuore con un attacco alla Francia…forse, ora mi viene il dubbio che in
realtà si diverta solo a fare arrabbiare il re di Francia sbattendogli in
faccia il suo essere più bello, più alla moda e più simpatico di lui. Abbiamo
poi il sempre viscido Mads Mikkelsen (nei panni di Rochefort, il capitano delle
guardie del Cardinale) che mi dava i brividi anche quando interpretava Tristano
in quell’altra pochade che è stata “King Arthur” del 2004 e che ora augura buon
pranzo a tutti i fan di “Hannibal”, la serie tv su Hannibal Lecter.
Ma parliamo dei veri
protagonisti della storia che sono insoddisfacenti: Logan Lerman/Percy Jackson
ha sicuramente l’età del personaggio del libro e forse fisicamente è più adatto
di chiunque altro che lo abbia preceduto ma gli manca tutta una parte della
sfera emozionale ed espressiva necessaria per un personaggio complesso com’è
quello di D’Artagnan: mi ha lasciato l’amaro in bocca soprattutto perché è
posto accanto ad attori di esperienza che gli rubano una scena su due. Athos è
interpretato dal Mr Darcy di Joe Wright, Matthew MacFadyen ingrassato e
invecchiato per l’occasione ma che io continuo a trovare buffo con quei capelli
lunghi e i baffoni; Aramis ha il bel (anche l’occhio vuole la sua parte) volto
di Luke Evans, Bard l’Arciere di Lo Hobbit; mentre Porthos ha la fisicità di
Ray Stevenson, caratterista, omone di 1,93 cm di muscoli, sicuramente perfetto
per il ruolo del gigante moschettiere. Benché i tre siano stati scelti tutto
sommato bene, è di nuovo una lacuna nella sceneggiatura a renderli personaggi
bidimensionali: in particolare Aramis, che nel libro è perennemente diviso fra
l’amore per la Chiesa e quello per le donne e che di trasposizione in
trasposizione è reso sempre più spesso solo come un latin-lover. Invece, è dei
tre quello con l’animo più puro e con il comportamento e i valori più solidi.
La storia, poi, con le
navi volanti (non potevo credere ai miei occhi) e gli atterraggi di fortuna e
le acrobazie, è poverissima di fantasia: un mero prodotto pubblicitario che del
romanzo di Dumas porta solo il nome.
Ultima trasposizione in
ordine temporale è la serie della BBC: al momento sono stati trasmessi solo i
primi quattro episodi ma promette sicuramente meglio di molte altre. Il cast è
stato scelto abbastanza bene, sono tutti attori inglesi, il che garantisce che
almeno sappiano recitare; di questi sicuramente il più conosciuto ai telefilm
addicted come me è Santiago Cabrera (Heroes, Merlin) a lui l’incarico di
interpretare il tormentato Aramis, impeccabilmente oserei dire. La storia per
ovvie ragione (è una serie televisiva) sarà alterata ma almeno per il momento
le premesse sono buone. In particolare apprezzo la credibilità dei costumi e
delle location: siamo nel ‘600 non ci si lavava (e stirava gli abiti) tutti i
giorni e i Moschettieri certamente non erano una categoria ricca.
In conclusione, mamma
quanto ho scritto!Il mito dei tre Moschettieri è in fondo il mito del cavaliere
senza macchia e senza paura che corre in aiuto della giustizia e difende la
Francia dal cattivone di turno. Un po’ come Robin Hood o … non mi viene in
mente nessun altro, si ha la tendenza ad idolatrarlo rendendo i personaggi, gli
eroi, perfetti quando sono in realtà uomini come altri, specchio dei valori dei loro
tempi: cosa facile da dimenticare. Quindi, direi che i tre fanfaroni di inizio
articolo, quelli che mi avevano deluso, sono in fondo da perdonare: sono figli
del loro tempo e la testimonianza che anche un pirata può essere un gentiluomo
(citazione da I Pirati dei Caraibi).
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