giovedì 31 ottobre 2013

Il fotogiornalismo etico di Werner Bischof

Quel che rende Bischof straordinario è che riesce ad essere un grande artista sia che stia eprimendo piacere e gioia, sia che stia esprimendo dolore e desolazione. Claude Roy

 (addetti Stampa assiepati in cerca dello scoop durante la Guerra di Corea)
Dopo Erwitt, Capa e Cartier-Bresson, il Palazzo Reale di Torino ospita una nuova - meravigliosa - retrospettiva dedicata ad un altro dei grandi della Magnum, l'agenzia fotografica fondata da Capa e Cartier-Bresson nel lontano 1947: Werner Bischof.
Accompagnati dalla voce dell'audioguida e dalle memorie dello stesso fotografo, ci immergiamo nella profondità della sua vita di fotografo e uomo. 
Nato a Zurigo nel 1916, entra a soli 16 anni nella scuola d'arte del Bauhaus con l'intento di divenire pittore; lì conoscerà Moholy-Nagy che lo farà appassionare alla fotografia che lo porterà a soli 20 ad aprirsi uno studio fotografico dedicato alla moda e all'arte e alle prime collaborazioni con importanti riviste svizzere. A questo periodo risalgono i suoi scatti artistici: densi di curve, spirali, giochi di luce: una passione, quella per il motivo geometrico che gioca col chiaro-scuro, che non lo abbandonerà mai anche in anni successivi.
La fine della Seconda Guerra Mondiale lo porterà a girare l'Europa postbellica con la sua macchina fotografica: l'esperienza attraverso le macerie dell'Europa lo cambierà per sempre. A questo periodo si riferiscono i numerosi scatti dedicati alle macerie e alla rinascita: bambini che giocano al girotondo davanti a ciò che resta del duomo, il Reichstag distrutto, la porta di Brandeburgo, i treni della Croce Rossa con i profughi. Durante il viaggio in Italia - del quale, fra gli altri, ci regala "L'ultimo libro di Montecassino", un frate e un grande libro fra le macerie del monastero - conosce Rosellina Mandell, che sposerà qualche anno dopo.
Il 1949 è l'anno dell'incontro con Robert Capa e dell'ingresso nell'Agenzia Magnum: iniziano le collaborazioni con Life e altre riviste di fotogiornalismo, cessa definitivamente quella con la rivista svizzera "Du" colpevole di un eccessiva superficialità.
Per la Magnum e Life viaggerà a lungo nel continente che amerà più di tutti: l'Asia. È a questo periodo che risalgono i suoi scatti più celebri dedicati alla denuncia della povertà in India, al fascino (a cui per la verità ha ceduto faticosamente) del Giappone imperiale, alla Guerra di Corea, alla Cina, al contrasto crescente fra mondo arcaico e contadino e l'imminente devastante industrializzazione. Molti dei suoi scatti, pur raccolti in volumi antologici, non verranno pubblicati dalle riviste perché troppo crudi.
La personalità di fotografo di Bischof si definisce sempre più chiaramente come contraddistinta da un forte senso dell'etica, dell'umanità nascosta dietro la semplicità e tragicità del dolore. Frequenti sono gli scontri con i redattori che chiedevano solo foto sensazionaliste con cui sconvolgere il pubblico in patria: a Bischof interessava denunciare altro rispetto alla guerra. Della Guerra di Corea ci restano molti scatti, fra i quali due colpiscono per la loro - apparente - semplicità: il primo è una foto che ritrae la folla di giornalisti e fotografi che si accalcano alla ricerca della notizia (vedi sopra); il secondo, ritrae tre bambini nella Corea divisa dal 18° parallelo a simbolo della quantità di famiglie divise da una linea immaginaria.
Nel 1953 lascia definitivamente l'Asia per un viaggio in America. La necessità di danaro, lo porta a lavorare per giornali con foto riguardanti la città di NY soprattutto: quel mondo così illuminato, così caotico e sottomesso al dio Denaro non era per lui che, ultimate le consegne, se ne allontana ed intraprende quello che si rivelerà essere l'ultimo viaggio della sua vita: il Sud America. Gli Indios, le affollate piazze del mercato, il giovane pastore che cammina lungo la strada per Cuzco suonando il flauto, i meravigliosi panorami del Macchu Picchu: Bischof si ritrova nuovamente a suo agio e ci regala nuovi scatti meravigliosi.

(Suonatore di flauto sulla strada per Cuzco, 1954)

Morirà in un incidente stradale sulla strada per il Perù nel 1954, poche settimane prima di un altro grande della Magnum: Robert Capa.

Per esigenze di spazio non ho potuto mettere altre foto di Bischof, però se aveste piacere potete dare un'occhiata al mio Tumblr: A Lady and The Band.


lunedì 7 ottobre 2013

Who Watches the Watchmen?Uno sguardo al fumetto.






Era il 1986 quando iniziavano le pubblicazioni di una miniserie a fumetti dal titolo "Watchmen". Scritta dal britannico Alan Moore (V per Vendetta, Capitan Britannia, From Hell) e disegnata da Dave Gibbons, la serie racconta di due generazioni di supereroi - i Minutemen e i Watchmen - che, privi di superpoteri (tranne l'eccezione del Dott. Manhattan), si impegnano per difendere la giustizia, spesso con metodi poco ortodossi, nonostante i tentativi del Governo Centrale di ostacolarli, ad esempio con il Decreto Keene che imponeva la trasparenza delle identità. Quando una mano misteriosa inizia ad uccidere alcuni di loro, diventa necessario indagare più a fondo.

La cosa che apprezzo di più di questa graphic novel è l'interessante riflessione sul ruolo dell'eroe. Quando «fare la cosa giusta» è diventato un passaporto per qualunque atto?A che punto, l'eroe diventa giudice dell'umanità?Quando si inizia a parlare di «male minore»?Chi controlla i «Watchmen» (lett. Controllori, Guardiani)?Come esplicitato dalla campagna pubblicitaria.
Il pregio di questo meraviglioso comic è proprio questo. Terminata la lettura ci si ritrova pieni di domande. 
In primo luogo le figure degli stessi eroi sono oggetto di riflessione: individui quali Il Comico, Ozymandias, Dott. Manhattan, Rorschach, hanno ben poco in comune con altri super eroi del classico mondo del fumetto (ma d'altronde, Alan Moore non è un autore classico e allontanarsi dalla Golden Age era proprio il suo obbiettivo): combattono per il bene ma loro sono «Bene»?No. Il Comico è brutale, arrogante, misogino, violento e viscido. Ozymandias è talmente perfetto da ritenersi al di sopra dell'umanità corrotta e violenta. Dott. Manhattan, diventato tale dopo un esperimento nucleare andato male, pur avendo presente le pecche dell'umanità e il Bene, giunge a distaccarsene e disinteressarsene. Rorschach ha un passato violento ed egli stesso diventa violento e brutale; malvisto dai suoi stessi colleghi, si rivelerà il «più giusto» fra tutti: non dimentica l'umanità, non si ergerà a giudice, non scende a compromessi facili (e sarà l'unico a rimanere attivo nonostante il Decreto Keene).
Nella conclusione, che chiaramente non svelerò, si racchiude il senso della storia.
All'interno del graphic novel sono altresì presenti altri temi: il catastrofismo legato alla paura del nucleare (non dimentichiamoci che siamo nell'86-'87), le teorie del complotto (soprattutto presenti nel personaggio di Rorschach e nei parallelismi fra la figura del Grande Orologiaio e quella del Dott. Manhattan) e la megalomania di Ozymandias fra tutti. 
Di "Watchmen" esiste una validissima versione cinematografica del 2009 con protagonisti quali Billy Crudup, Patrick Wilson, Matthew Goode, Jackie Earl Haley, Carla Cugino, Malin Ackerman, Jeffrey Dean Morgan.  
In Italia la graphic novel è stata pubblicata da Rizzoli per la prima volta nel'88, l'ultima ristampa è del 2012 per la Lion Comics. Al momento è reperibile in formato e-book per Kindle ma solo in lingua originale.