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domenica 23 ottobre 2016

Alice Allevi, i 30 anni e le nuove consapevolezze



In queste settimane, la RAI sta mandando in onda una fiction tratta da una serie di romanzi di Alessia Gazzola, "L'Allieva".
Quando, ormai cinque anni fa, entrando in libreria vidi sul banco delle novità il romanzo che iniziava le avventure di Alice Allevi, ne fui subito conquistata. Alice, a metà fra Kay Scarpetta e Grey's Anatomy - così recitava la frase sulla bandella - mi conquistò al primo capitolo.
Alice è una donna normale, con problemi normalissimi: non sa cosa vuol fare da grande, l'ansia da prestazione sul lavoro, l'insicurezza cronica, un'imbranataggine da record e l'intraprendenza guidata dall'istinto. Alice è tutti noi. Alice non si alza con i capelli perfetti e il trucco perfetto. Alice ama la moda e paga cara la sua passione. Letteralmente. Alice è confusa: su se stessa, sull'amore, sulle amicizie. Alice ha una famiglia premurosa alle spalle con la quale ha un rapporto pacifico e perfettamente normale. Niente traumi per Alice. Niente passato burrascoso. Alice è una ragazza normale con problemi normali. E questo la rende noiosa?NO!Alice è meravigliosa proprio per questo.
Nel corso dei cinque romanzi che la vedono protagonista, il lettore la vede crescere e maturare. Impara molto non solo sul lavoro ma soprattutto su se stessa e su cosa vuole dalla sua vita relazionale e non vedo l'ora di vedere dove questo la porterà un giorno, perché Alice è così vicina a noi, persone reali, che il suo successo diventa il mio successo, la sua delusione diventa la mia delusione e le dure lezioni che riceve, sono lezioni che, in un modo o nell'altro, abbiamo ricevuto anche noi.

Perché, dunque, parlare di Alice e dei 30 anni nello stesso articolo?Perché oggi la Khaleesi, Mother of Dragons, Breaker of Chains Stormborn Daenerys Targaryen, al secolo Emilia Clarke, compie 30 anni e sotto una delle sue foto su Facebook qualcuno ha scritto: «Ma davvero?La facevo più giovane?». In quanto trentenne mi sono sentita offesa. Prima di compiere i fatidici thirtysomething, con una mia amica, scherzavamo su quanto sembrasse spaventoso questo traguardo, sul fatto che ci sembrasse l'inizio di qualcosa di preoccupante. (E su quanto sia vagamente offensivo da parte dei media rappresentare i 30 come un baratro). 
Beh, indovinate un po', lo è ma anche no. Per me, ad esempio, è stato un punto di partenza.
Quando Noemi stava per compiere i suoi di 30, cantò una canzone bellissima: "Vuoto a perdere". Era la colonna sonora del film "Femmine contro Maschi" - la canzone è stata persino candidata ai Nastri d'Argento! - e riusciva a mettere in musica alla perfezione cosa ho provato io quando ho compiuto i miei di 30 anni. 

"[...] Sono un'altra da me stessa
Sono un vuoto a perdere
Sono diventata grande 
Senza neanche accorgermene
Ora sono qui che guardo
Che mi guardo crescere
La mia cellulite
Le mie nuove consapevolezze

Sai ti dirò come mai
Giro ancora per strada
Vado a fare la spesa
E non mi fermo più
Mentre vado a cercare quello che non c'è più
Perché il tempo ha cambiato le persone
Ma non mi fermo più
Mentre vado a cercare quello che non c'è più
Perchè il tempo ha cambiato le persone"


Dietro l'apparente tristezza, c'è ben altro. Il vuoto a perdere è sì qualcosa che prima era pieno ma anche qualcosa che può essere riempito nuovamente, di cose nuove, scelte da te. La cantante, nel corso del brano, ce lo dice chiaramente: non mi fermo più, mi guardo crescere, nuove consapevolezze. Perché se è vero che siamo cresciuti senza neanche accorgercene, è anche vero che ora che lo sappiamo possiamo smettere di venire a patti con noi stessi per piacere agli altri, per adeguarci a relazioni - sentimentali e non - che non ci fanno sentire noi stessi, che non ci rendono soddisfatti di noi stessi, che non valgono la pena. 
Nelle amicizie - che diminuiscono per numero - e in amore.
Quel periodo della vita in cui si sogna la storia d'amore e di passione come scrivono i romanzetti rosa è finito (dicono si ricominci più in là ma per ora mi godo il periodo glorioso) ed è un bene. Nell'ultimo libro - "Un po' di follia a primavera" - la nostra Alice Allevi capisce qualcosa che sapeva da sempre ma che non voleva nemmeno ammettere a se stessa. Non ve lo dico, ovviamente, perché se non avete letto i libri, questo articolo vuole essere un caloroso invito a recuperarli. Ma è una cosa, riguardante le relazioni umane e cosa dovrebbero essere per il singolo, che è valida a livello universale. 
Nella mia storia nello staff di Telefilm Addicted (scrivo ancora sul sito ufficiale, dateci un'occhio), ho a che fare con diversi tipi di fan, diversi per età, esperienze personali, visioni del mondo. Quando mi ritrovo a leggere i commenti sui vari personaggi dei telefilm e sulle loro vicende personali, non posso fare a meno di chiedermi: ma nella vita reale, tu accetteresti tutto ciò? Tu, persona fan sfegatata convinta che siccome hai davanti una tastiera puoi offendere gli altri impunemente per supportare le tue opinioni, tu, proprio tu, accetteresti, perdoneresti? Ovviamente sto parlando di cose realistiche: per dire, i problemi originati dallo stare con un vampiro o un lupo mannaro, così come la caccia agli zombie, nella realtà, fortunatamente, non ci sono. Ma ci sono le relazioni umane, quelle sì. 
Ben consapevole di addentrarmi prepotentemente nel terreno della bimbominkiaggine, faccio un esempio. A voi profani, gente da sana di mente non contagiata da transfert emozionali su personaggi fittizi, sembrerà assurdo. Esiste, però, purtroppo, una cosa chiamata shipwar. Cos'è una "shipwar"?Altro non è che una guerra fra sostenitori di ship diverse. Cosa è una ship? È una coppia romantica. Esatto, bimbominkiaggine. 
Anyway, voi poveri profani non avete idea di cosa significhi ritrovarcisi dentro: tanto per dirvi, l'insulto è la cosa più gentile che si possa ricevere. Non vi dico, quando una delle due fazioni supporta una coppia che sia rappresentanza su schermo di una minoranza nella vita reale: coppia mista, coppia LGBT, queste ultime (fortunatamente, finalmente, era ora) vanno ora per la maggiore. L'accusa di essere omofobo o razzista è il punto di partenza. E chi se ne frega se il mio ragionamento, come dovrebbe essere, è alimentato da ragioni totalmente avulse da quelle che adduce la mia controparte. 
Perché ho citato questa polemica?Perché io sono una shipper... ma a livelli umanamente accettabili e soprattutto consapevole che quelli sono personaggi inventati. Il mio parteggiare per l'una o per l'altra parte non è dovuto a quanto sia bello/a tizio/caia o a quanta chimica abbiano gli attori (quella, purtroppo, disse Mindy Kaling una volta, non la puoi mettere in sceneggiatura). Ma faccio riferimento su quanto effettivamente faccia bene al personaggio al centro del triangolo, una relazione piuttosto che un'altra. Anche la nostra Alice è al vertice di un triangolo e, in maniera furba, la RAI ha pensato bene di lanciare subito l'hashtag #teamArthur o #teamClaudio. Un hashtag a cui ho risposto con un #teamAlice. Nessuno dei due uomini è degno di Alice, nessuno dei due, al momento attuale, è portatore di qualcosa di buono per la ragazza.
Sorvoliamo sul fatto che le avances - quelle televisive - di Claudio fossero molto simili alle molestie e nella vita reale, un comportamento del genere andrebbe denunciato. Claudio è assorbito da se stesso, non la valorizza abbastanza, mai direttamente per lo meno, le fa capire che prova interesse ma non si scopre mai, gioca con lei come il gatto con il topo e, per ora, non la rispetta veramente come persona. È il narcisista fatto personaggio e per stare con Alice, deve prima fare un gran bel lavoretto su se stesso. 
Arthur, d'altro canto, è semplicemente troppo distante (non solo geograficamente). La sua vita è altrove e non importa quanto dica di amare Alice, lei verrà sempre al secondo posto. Arthur è la tipica persona con vocazione e chi ha una vocazione, una missione, richiede un compagno che non ne abbia una propria, personale, di ambizione o che, per lo meno, condivida la stessa missione.
Alice deve scegliere se stessa. Come cantava De André alla fine di " Quando verranno a chiederti del nostro amore": continuerai a farti scegliere o sceglierai? 
Alice Allevi siamo noi trentenni (o aspiranti tali) che lottiamo ogni giorno per costruire il nostro futuro e per non sprecare il nostro tempo con persone inutili, in relazioni inutili, che ci portano solo dolore e non gioia e crescita. Perché se è vero che si cresce solo con il confronto, è anche vero che il confronto è realmente costruttivo quando si svolge su basi paritarie. 
E Alice mi ha insegnato veramente tutto questo? No, Alice è solo l'ultima di una schiera di personaggi femminili che dai tempi di Jane Eyre mi ricorda che io, come persona, valgo. Bhè loro e una nota marca di shampoo



domenica 16 novembre 2014

Il triste caso de "La Tempestosa" e il mistero di Harry Potter

Anni fa lessi per un compito scolastico "Wuthering Heighs" di Emily Brontë e ne rimasi colpita. Non fu per la storia d'amore tormentata e corrosiva di Heathcliff e Catherine ma per l'incredibile trasformazione di un personaggio con cui empatizzare in uno che vorresti presto vedere morto:ovviamente sto parlando di Heathcliff.
Qualche anno fa,spinta da un revival di sentimenti al riguardo,ho deciso di rileggere il libro della Brontë,questa volta acquistando una copia in libreria anziché prenderla in biblioteca. Orrore degli orrori!Dopo avere acquistato il volume ho scoperto con mio sommo sconvolgimento che non solo la traduzione era stata rifatta(avevo infatti acquistato la stessa casa editrice del libro letto alle superiori) ma che Wuthering Heights era diventata "La Tempestosa" con una traslitterazione invero fedele ma fuori luogo;come se traducessero in inglese il "Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa e la casa dei Salina diventasse "Kidnapped Woman" insomma. Vi lascio immaginare il resto della traduzione ed infatti ho interrotto presto la rilettura del romanzo che ancora adesso è parcheggiato nella mia affollata libreria che prende polvere accanto ad altri romanzi che non riprenderò più in mano (e ai quali dedicherò un articolo prima o poi).
La triste avventura con la Brontë mi ha riportato alla memoria un episodio analogo che avrebbe potuto avere conseguenze peggiori per la mia vita di lettrice, non fosse stato per il destino e la mia caparbietà. 
Chi mi conosce sa bene quanto io sia una janeites convinta e appassionata.Possiedo tutti gli scritti di Jane Austen in molteplici edizioni e traduzioni, spin-off non scritti da lei (chiaramente),edizioni a fumetti dei suoi romanzi più celebri, tutti ben sistemati su uno scaffale della mia libreria, sempre pronti per essere riletti per intero o a spezzoni o semplicemente sfogliati ogni volta che ne ho desiderio. Ebbene, il mio primo incontro con lei non è stato affatto fortunato.
All'età di 16 anni (l'età di Lydia Bennett al momento del suo matrimonio) ero solita girovagare per la biblioteca di quartiere, spulciando gli scaffali alla ricerca di un libro da leggere, un classico da scoprire o un "riempitivo del mio tempo" (chiamo così i romanzetti di scarso spessore letterario che però mi divertono e allietano gli spiriti affaticati dopo una lettura impegnativa).In una di queste mie "cacce al tesoro" mi sono imbattuta in una vecchia edizione di "Orgoglio e Pregiudizio", la cui trama mi attirava da un bel po'. Tutta contenta l'ho preso in prestito e ho subito iniziato a leggerlo. Madre di tutti gli orrori traduttivi!Le protagoniste si chiamavano Elisabetta, Giovanna, Caterina, Maria e Lidia Bennett e si innamoravano di Carlo Bingley,Guglielmo Darcy o Giorgio Wickham.Un pessimo punto di partenza per un libro tradotto nella peggiore delle tradizioni delle edizioni da quattro soldi. Arrivai alla fine del libro con notevole fatica e mi rimase il dubbio su come fosse possibile che tante persone amassero questo romanzo.
A salvarmi da un giudizio affrettato ci pensò un film con Gwyneth Paltrow del '96, una trasposizione di "Emma",altro romanzo di Jane Austen.In un periodo in cui avevo preso una cotta per Jeremy Northam,interprete del meraviglioso Mr Knightley del libro, avevo deciso di guardare il film. E lo adorai!!Decisi così di leggerne il libro che finii per amare più del film (come spesso accade) e che ancora adesso rileggo almeno una volta l'anno. 
La lettura di "Emma" mi condusse ad un altro romanzo austeniano-"Persuasione"- che ancora oggi è il mio preferito,il mio "Grande Amore" letterario.
È stato così che per i miei 18 anni, decisi di spendere parte dei soldi ricevuti come regalo dai miei, in una nuova edizione di "Orgoglio e Pregiudizio" che iniziai a leggere già mentre tornavo a casa. Da allora ho l'abitudine di rileggere "P&P" ("Pride and Prejudice") almeno una volta all'anno (spesso prima o dopo "Emma") e la prima edizione da me acquistata è al momento conservata come una reliquia nella mia libreria perché è talmente consumata da rappresentare un pericolo per se stessa se usata.
Un incontro sfortunato, insomma, che si è risolto in maniera decisamente positiva grazie all'intervento di altre circostanze. Un incontro che però mi ha fatto riflettere:se anziché "Cime Tempestose" avessi letto per primo "La Tempestosa" cosa sarebbe successo?Consideriamo che "Wuthering Heighs" ha subito alcune delle peggiori trasposizioni della storia, tutte parziali, tutte pronte a travisare gran parte dello spirito del libro. In quanto appassionata di trasposizioni,pur consapevole che esse non sono mai precise, avrei mai riletto il libro scoprendone la grandezza?Non credo.

Analogamente è diventato un caso la recente riedizione della saga di "Harry Potter", accompagnata da una nuova traduzione che ha scelto di tradurre diversamente molti termini dei libri:Tassorosso è diventato Tassofrasso,Lumos è scomparso,alcuni personaggi hanno recuperato i propri nomi ed altri sono stati lasciati uguali. Il grosso problema che ha generato questa decisione editoriale è legata all'immaginario e alla serie di film.
Io appartengo a quei potterhead (nome dei fan della saga) che ha letto i 7 libri uno dopo l'altro ed ha seguito le difficili trasposizioni cinematografiche con preoccupazione ma non è questo il punto. Il punto è:come puoi imporre a milioni di persone un cambiamento delle genere che può generare solo confusione?Immaginatevi raccontare la storia ai vostri figli o nipoti che l'hanno letta nella nuova traduzione e trovarvi a parlare di Cedric Diggory, il campione dei Tassorosso per poi sentirvi rispondere con un sonoro e colorito:<Tassofrasso!Ma cosa dici?>.E se in questo caso si capisce, immaginatevi parlare di Griphook (Unci-Unci), o della Gringott gestita da Goblin e non da folletti. Confonde eh?
La scelta editoriale è stata animata da intenzioni positive.Lo scopo era prendere in considerazione l'intera saga, che non è un libro solo per bambini e che vede il pasticcione Neville Longbottom (Paciock nella prima traduzione) diventare l'eroe di Hogwarts con un cognome che ha ben poco di epico.Allo stesso modo, il termine <mudblood>, con cui si insultano in nati babbani,era stato tradotto con <mezzosangue>:impreciso (non si spiegherebbe come si possano indicare con lo stesso termine i nati da un genitore mago e uno babbano senza alcun tipo di offesa intrinseca ed allo stesso tempo come possa essere un insulto in un altro contesto) e poco fedele perché letteralmente l'offesa equivale a <sangue sporco> (decisamente peggio). Questo cambiamento è ragionevole e giusto ma comunque disorientante,anche se meno di altri esempi.
È comprensibile che nella prima traduzione si siano compiute scelte di traduzione che alla lunga si siano rivelate sbagliate ma il motivo è la pubblicazione dei libri in una decina d'anni senza che si potessero prevedere le intenzioni dell'autrice.
Ora la Salani Editori ha pubblicato questa riedizione che ha scatenato le ire dei potterheads più affezionati ed ha scelto di risolvere i problemi traduttivi senza prendere in considerazione gli effetti collaterali. Non ci resta che sperare che si arrivi ad un compromesso in grado di restituire alla saga la giusta traduzione ma anche la fedeltà al passato.

E a proposito di scelte editoriali discutibili, chiuderei l'articolo citando un'altra delle mie disavventure letterarie. Negli anni '60-'70, alcune edizioni economiche, hanno lanciato sul mercato Bignami dei classici della letteratura,edizioni che sono arrivate ai giorni nostri nella Narnia dei bibliofili:i mercatini dell'usato. Mio padre mi regalò una di queste edizioni -delle quali io non avevo conoscenza- che io lessi appassionatamente molteplici volte, accompagnata dall'album di Madonna "Ray of Light";il libro era "Jane Eyre", la storia di una delle figure femminili più straordinarie delle letteratura. Per 5 anni -e dico 5!- ho creduto di avere tra le mani il libro della Bronte per poi scoprire che così non era. In quinta liceo (l'anno delle grandi scoperte a quanto pare),leggemmo dei passi a scuola e il mio libro conobbe quello della mia compagna di banco e amica Francesca scoprendo di essere il topolino accanto all'elefante. Vi lascio immaginare il mio stupore. Ho acquistato e letto subito dopo (anche per esigenze impellenti di studio) l'originale che continuo ad amare molto ancora oggi. Il bignamino è nascosto da qualche parte a perenne esempio di una riedizione riassuntiva ma scritta benissimo, tanto da essere facilmente spacciabile per l'originale a chi non ha mai visto le reali dimensioni del libro. Non rimpiango di aver letto il bignamino prima dell'edizione integrale ma sono contenta di averlo scoperto in tempo, se non altro per l'interrogazione e la mia maturità:Jane Eyre era il punto di partenza della mia dissertazione finale.
Ognuno di noi ha avuto incontri sfortunati con traduzioni inaccurate di libri che in lingua originale sono meravigliosi. Allo stesso modo della straordinaria occasione della lettura di traduzioni perfette, il mio "Anna Karenina" è stato tradotto da Leone Ginzburg, scrittore madrelingua russo ed usa un linguaggio e uno stile che rasentano la perfezione. Che poi io non sia mai riuscita a superare la metà del libro è legato più alla trama e ai miei problemi con Anna Karenina, ma ne parlerò in un'altra occasione.

lunedì 7 ottobre 2013

Who Watches the Watchmen?Uno sguardo al fumetto.






Era il 1986 quando iniziavano le pubblicazioni di una miniserie a fumetti dal titolo "Watchmen". Scritta dal britannico Alan Moore (V per Vendetta, Capitan Britannia, From Hell) e disegnata da Dave Gibbons, la serie racconta di due generazioni di supereroi - i Minutemen e i Watchmen - che, privi di superpoteri (tranne l'eccezione del Dott. Manhattan), si impegnano per difendere la giustizia, spesso con metodi poco ortodossi, nonostante i tentativi del Governo Centrale di ostacolarli, ad esempio con il Decreto Keene che imponeva la trasparenza delle identità. Quando una mano misteriosa inizia ad uccidere alcuni di loro, diventa necessario indagare più a fondo.

La cosa che apprezzo di più di questa graphic novel è l'interessante riflessione sul ruolo dell'eroe. Quando «fare la cosa giusta» è diventato un passaporto per qualunque atto?A che punto, l'eroe diventa giudice dell'umanità?Quando si inizia a parlare di «male minore»?Chi controlla i «Watchmen» (lett. Controllori, Guardiani)?Come esplicitato dalla campagna pubblicitaria.
Il pregio di questo meraviglioso comic è proprio questo. Terminata la lettura ci si ritrova pieni di domande. 
In primo luogo le figure degli stessi eroi sono oggetto di riflessione: individui quali Il Comico, Ozymandias, Dott. Manhattan, Rorschach, hanno ben poco in comune con altri super eroi del classico mondo del fumetto (ma d'altronde, Alan Moore non è un autore classico e allontanarsi dalla Golden Age era proprio il suo obbiettivo): combattono per il bene ma loro sono «Bene»?No. Il Comico è brutale, arrogante, misogino, violento e viscido. Ozymandias è talmente perfetto da ritenersi al di sopra dell'umanità corrotta e violenta. Dott. Manhattan, diventato tale dopo un esperimento nucleare andato male, pur avendo presente le pecche dell'umanità e il Bene, giunge a distaccarsene e disinteressarsene. Rorschach ha un passato violento ed egli stesso diventa violento e brutale; malvisto dai suoi stessi colleghi, si rivelerà il «più giusto» fra tutti: non dimentica l'umanità, non si ergerà a giudice, non scende a compromessi facili (e sarà l'unico a rimanere attivo nonostante il Decreto Keene).
Nella conclusione, che chiaramente non svelerò, si racchiude il senso della storia.
All'interno del graphic novel sono altresì presenti altri temi: il catastrofismo legato alla paura del nucleare (non dimentichiamoci che siamo nell'86-'87), le teorie del complotto (soprattutto presenti nel personaggio di Rorschach e nei parallelismi fra la figura del Grande Orologiaio e quella del Dott. Manhattan) e la megalomania di Ozymandias fra tutti. 
Di "Watchmen" esiste una validissima versione cinematografica del 2009 con protagonisti quali Billy Crudup, Patrick Wilson, Matthew Goode, Jackie Earl Haley, Carla Cugino, Malin Ackerman, Jeffrey Dean Morgan.  
In Italia la graphic novel è stata pubblicata da Rizzoli per la prima volta nel'88, l'ultima ristampa è del 2012 per la Lion Comics. Al momento è reperibile in formato e-book per Kindle ma solo in lingua originale. 

 

mercoledì 8 giugno 2011

Librerie (?)

Spesso e volentieri mi piace fare un salto in libreria e, diciamoci la verità, alcune cose proprio non funzionano.
Premetto che, per ragioni di comodità, mi ritrovo spesso da Feltrinelli che tra tutte le grandi trovo sia la meno peggio. Ma! Ci sono comunque dei "ma". 

1. Detesto che ci sia della musica ad alto volume in libreria.

2. Odio che i volumi più commerciali, quelli che vendono di più siano quelli con maggiore visibilità. Si devono scalare montagne di Ken Follett, guadare fiumi di Stephenie Meyer, superare trincee di Fabio Volo per arrivare ad un libro decente. 

3. Mi fanno imbestialire quelli che, nella zona dove sono collocate le poltroncine, ti si siedono praticamente in braccio per poter tentare il baccaglio selvaggio.

4. Odio profondo per l'incompetenza di certi commessi che ti guardano con l'occhio vitreo quando chiedi un'informazione. 

5. La sezione romanzi rosa è quanto di più vomitevole esista. Fosse per me, l'abolirei. 

6. Mi fanno impazzire i volumi fotografici e di moda se solo le pagine non fossero stampate su della carta con lo stesso peso specifico del piombo e se solo non avessero le stesse dimensioni di una villa hollywoodiana. 

7. Odio volumi come questi:


Che non servono ad altro che a lobotomizzare il cervello con un mucchio di fesserie. Li odio alla stregua di film demenziali come "La verità è che non gli piaci abbastanza". Fumo agli occhi. 
E voi cosa ne pensate?

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Importante: il 12 e il 13 giugno si VOTA PER IL REFERENDUM!!